Terapia manuale e disfunzioni dell’arteria cervicale
La terapia manuale (MT) è comunemente usata per la gestione del dolore craniocervicale; le evidenze, oltre a mostrare una provata efficacia, descrivono anche rischi legati alla MT applicata al distretto cervicale. Lo studio fornisce informazioni basate sulle evidenze disponibili per agevolare il clinico a comprendere gli effetti sul flusso sanguigno in seguito a MT applicata alla colonna cervicale. Con il termine disfunzioni arteriali cervicali (CAD) si riassumono tutti i distretti anatomici (sistema vertebrobasilare, carotidi interne, circolo di Willis) e l’insieme di tutte le patologie (dissezione di un vaso, eventi aterosclerotici, lesioni di un vaso, eventi ischemici e non ischemici) in modo da comprendere la totalità dei problemi arteriali riguardanti il rachide cervicale.
Non esistono studi metodologicamente corretti che mostrano l’incidenza o la prevalenza di complicazioni in seguito a MT, ma negli anni è stata data particolare attenzione allo stress causato dalla rotazione cervicale sull’arteria vertebrale (VA) durante la manipolazione e la possibile riduzione transitoria o permanente del flusso di sangue all’encefalo che potrebbe causare una insufficienza vertebrobasilare (VBI). La VBI porterebbe a episodi transitori di ischemia che presentano dei segni caratteristici convenzionalmente indicati come le 5 D di Coman. Tuttavia è bene considerare tutti i segni e i sintomi associati a danni locali del vaso ed ischemie dell’encefalo: anidrosi (mancanza di sudorazione facciale), atassia, goffaggine e agitazione, diplopia, vertigini, caduta improvvisa a terra, disartria, disfagia, intorpidimento del viso, disturbi dell’udito, raucedine, ipotonia/debolezza a un arto (braccio o gamba), perdita di memoria a breve termine, malessere, nausea, nistagmo, pallore/tremore, modificazioni pupillari, disestesia periorale, fotofobia, incertezza, vomito.
Esistono studi che spiegano il razionale dei test premanipolativi. I test sarebbero si validi per alterare il flusso sanguigno, ma non esistono evidenze che questi cambiamenti influenzino o meno la comparsa dei sintomi. Di conseguenza, un paziente potrebbe avere una significativa riduzione del flusso di sangue, ma nessun sintomo e viceversa.
In pratica non è giustificato l’uso dei test premanipolativi in termini di capacità di identificare i pazienti che hanno maggiori probabilità di avere una dissezione spontanea di un vaso. In più questi test sono specifici per il sistema vertebrobasilare, ma non per le variazioni del flusso dell’arteria carotide interna (ICA).
La ICA irrora l’encefalo e la retina e la sua valutazione deve tener conto che un suo problema può presentarsi attraverso segni e sintomi non ischemici, cioè potremmo avere dolore somatico correlato al danno locale. I più frequenti segni e sintomi locali sono la sindrome di Horner, tinnito pulsatile e paralisi dei nervi carnici (IX e XI), questi potrebbero precedere anche oltre 30 giorni prima un’ischemia cerebrale (TIA o ictus) o un’ischemia retinica. I pazienti con CAD possono quindi non avere alcuna patologia clinica, ma presentare un elevato numero di fattori di rischio vascolare. La valutazione di questi pazienti deve prevedere un approccio multifattoriale e non limitarsi a singoli test che rappresentano una valutazione incompleta e fuorviante.
A eccezione di disfunzioni vascolari genetiche, la base per quasi tutte le altre condizioni patologiche è data da problematiche dell’endotelio, in particolare l’aterosclerosi. I fattori di rischio aterosclerotici comprendono l’ipertensione, il diabete, la storia familiare di patologie aterosclerotiche (malattie cardiache, ictus, attacco ischemico transitorio, malattia vascolare periferica), il fumo, l’ipercolesterolemia, l’iperlipidemia, l’iperomocisteinemia, le infezioni da Escherichia coli, l’helicobacter pylori, la chlamydia pneumoniae, lo streptococco, lo stafilococco, la salmonella, il clostridio, i micobatteri, i funghi, la Yersinia, la Treponema e i traumi meccanici al vaso. La conoscenza dei fattori di rischio insieme alla valutazione della pressione sanguigna rappresentano delle componenti importanti che devono essere integrate nella pratica clinica (Kerry R. et al. 2006).
Non esistono studi che valutano se sia più rischioso manipolare il rachide cervicale superiore rispetto a quello inferiore, anche se il primo da un punto di vista anatomico necessiterebbe di più accuratezza visto il passaggio tortuoso della VA tra C2 e l’occipite. Studi sul flusso sanguigno hanno dimostrato cambiamenti significativi non solo durante manipolazioni del rachide, ma anche durante la mobilizzazione passiva dolce.
La dissezione di un trombo aterosclerotico rappresenta una causa di ischemia cerebrale, sebbene un movimento veloce (manipolazione) sia più pericoloso nel sezionare un trombo, è anche possibile, in base ai risultati degli studi sul flusso, che dolci movimenti ripetuti al rachide siano sufficienti a sviluppare forze che possano portare a complicazioni. A causa della natura progressiva della patologia aterosclerotica gli eventi ischemici (ad esempio embolia successiva alla formazione di trombi e di dissezione di un trombo), possono verificarsi anche qualche tempo dopo il trattamento (Zetterling M. et al. 2000, Arnold M. at al. 2005).
Concludendo un paziente con CAD può richiedere l’intervento di un fisioterapista in quanto il dolore al collo, testa o faccia è un sintomo correlato a tale patologia. Il fisioterapista, attraverso i segni, i sintomi e la valutazione dei fattori di rischio aterosclerotici deve essere in grado di svolgere una corretta diagnosi differenziale.
Kerry R, Taylor AJ, Mitchell J, McCarthy C, Brew J. Manual therapy and cervical arterial dysfunction, directions for the future: a clinical perspective. J Man Manip Ther. 2008;16(1):39-48.
Free PMC Article: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2565074/
Fisioterapista, MSc, SPT
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