La persistenza del dolore e il sistema modulatorio del dolore visti come disequilibrio evolutivo
Considerando che gli umani hanno vissuto per centinaia di migliaia di anni come cacciatori-raccoglitori, e che lo sviluppo delle tecnologie e delle strutture sociali ha subito un’accelerazione sempre più brusca, si può ipotizzare che l’adattamento a queste nuove condizioni ambientali, attraverso meccanismi evolutivi, non sia ancora avvenuto, e, di conseguenza, che molti processi biologici non si siano ancora adattati al nuovo ambiente, creando così un disequilibrio.
Un esempio classico di questo fenomeno è l’obesità, una condizione la cui prevalenza è andata aumentando negli ultimi due secoli, probabilmente a causa del disequilibrio tra il fatto che il nostro organismo sia stato plasmato dall’evoluzione ad essere attratto da cibi altamente calorici (quando sono disponibili), per prepararsi ai periodi caratterizzati da scarsità di risorse, e la disponibilità estrema di questi cibi nel mondo moderno.
Per prevenire e gestire questo tipo di problematiche, la cosa migliore da fare è assumere uno stile di vita in linea con i meccanismi definiti dall’evoluzione, come, ad esempio, la dieta (che mima la scarsità di risorse), e l’attività fisica (che aumenta l’utilizzo di energie).
Un approccio simile è stato proposto per spiegare l’insorgenza del dolore persistente: per i nostri antenati, era fondamentale, per la sopravvivenza, il riprendere il prima possibile dopo una lesione attività quali la raccolta del cibo e i movimenti necessari a sfuggire dai predatori, nonostante il dolore. È altamente probabile che ciò fosse accompagnato da una massiccia attivazione del sistema modulatorio discendente del dolore (DPMS).
Esattamente come nell’esempio dell’obesità, anche in questo caso l’ambiente è cambiato rapidamente negli ultimi secoli, permettendo comportamenti inattivi durante le fasi precoci della guarigione, senza che questo determini conseguenze negative per la sopravvivenza (essere esposti ai predatori o soffrire la fame). Tuttavia questo, secondo l’Autore, potrebbe determinare una minore attivazione del DPMS (non più necessario all’organismo per mettere in atto strategie di sopravvivenza attiva), che non potrebbe così esplicare la sua funzione preventiva nei confronti del dolore persistente.
Appare quindi sempre più importante favorire la partecipazione allo sport e all’attività fisica, per “riequilibrare” il nostro ambiente con la nostra fisiologia, modellata dall’evoluzione, avendo così un effetto preventivo su patologie caratterizzate da un disequilibrio evolutivo, quali l’obesità, il diabete di tipo II o il dolore persistente. In particolare, questi accorgimenti potrebbero essere importanti nella fase acuta dopo un infortunio.
Büchel C. Pain persistence and the pain modulatory system: an evolutionary mismatch perspective. Pain. 2022 Jul 1;163(7):1274-1276.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34855646/
Fisioterapista, OMPT
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