Kinesifobia e cambiamenti rilevanti per gli individui con tendinopatia achillea: implicazioni per la pratica clinica

Lo studio in questione si poneva multipli obiettivi, tra i quali in primo luogo validare una divisione in 4 categorie dei punteggi della Tampa Scale for Kinesiophobia-11 (TSK-11) (presenza di kinesifobia minima, bassa, moderata, alta), in base all’ipotesi degli autori che i sottogruppi con punteggi più alti avessero altresì punteggi maggiori in scale di misura della catastrofizzazione, sintomi più gravi e che fossero maggiormente restii a compiere attività di carico del tendine di Achille. In secondo luogo, determinare una Minimal Clinical Important DIfference (MCID) per il dolore all’Heel Rise e per la rigidità, e se questi punteggi fossero associati a kinesifobia e catastrofizzazione.

Lo studio, di disegno trasversale, è stato condotto online, inviando una survey ad individui che avevano partecipato a precedenti progetti di ricerca inerenti la tendinopatia achillea, riguardo ad aspetti demografici, paura del movimento, catastrofizzazione, descrizione del dolore e Fibromyalgia Severity Scale (FSS). Sono stati inclusi individui con dolore da più di 3 mesi, con un’età compresa tra i 18 e i 90 anni. Dopo aver escluso questionari incompleti o risposte date più volte, sono stati analizzati 442 questionari.

I domini di paura del movimento e catastrofizzazione del dolore sono stati valutati attraverso la TSK-11, la Pain Catastrophising Scale abbreviata (PCS-4) e domande singole e mirate: quanto sei d’accordo con l’affermazione “l’attività fisica potrebbe danneggiarmi?”, “quando sento il dolore è terribile e temo che non migliorerà mai” (entrambe valutate su una scala da 0 a 100, dove 0 rappresenta il totale disaccordo e 100 il totale accordo).

La gravità della kinesifobia è stata fissata come minima (minore di 22), bassa (tra 23 e 28), moderata (tra 29 e 35) ed elevata (maggiore di 36).

Ai partecipanti è stato chiesto quale arto fosse coinvolto, la Visual Analog Scale (VAS) a riposo e la volontà di effettuare tre  ripetizioni di due attività, che potevano vedere in foto o tramite video: il Single Leg Heel Rise (SLHR) e il Single Leg Hop (SLH). A coloro che avevano espresso la volontà di effettuare le attività, veniva richiesto il dolore atteso in seguito, valutato attraverso la VAS, mentre a coloro che non le avrebbero effettuate veniva richiesta la motivazione (“non sono in grado di farlo”, “sarebbe troppo doloroso”, “temo che mi farei del male”, “non posso provare questo esercizio nel posto in cui mi trovo”, “altro”). Inoltre venivano interrogati sulla durata della rigidità mattutina e, per individuare l’eventuale presenza di dolore nociplastico, veniva sottoposta loro la Fibromyalgia Severity Scale (FS).

Per determinare le MCID relative al dolore e alla rigidità mattutina è stato applicato un approccio “anchor based”, in modo da correlare le dimensioni del cambiamento anticipato alla VAS con il punteggio della Global Rating of Change (GROC) Scale: punteggi maggiori o uguali a 4 (moderatamente meglio) alla GROC venivano fatti corrispondere alle MCID note. Per quanto riguarda il dolore, ai partecipanti veniva chiesto: “Se un trattamento riducesse il tuo dolore all’Heel Rise di 20 punti (alla VAS 0-100), come valuteresti questo cambiamento (alla GROC 0-7)?”. Ai partecipanti che valutavano il cambiamento con un punteggio maggiore o uguale a 4, veniva riproposta la domanda, con un cut-off di 10 alla VAS 0-100; al contrario, a coloro che avevano assegnato un punteggio minore o uguale a 3, veniva riproposta la domanda con un cut-off di 30 alla VAS 0-100. Lo stesso procedimento è stato eseguito per la rigidità, con cut-off rispettivamente di 10, 5 e 20 minuti. Così facendo, sono stati ricavati quattro sottogruppi per il dolore (diminuzione di 10, 20, 30 o più di 30 punti alla VAS) e quattro sottogruppi per la rigidità (diminuzione di 5, 10, 20 o più di 20 minuti).

Non sono emerse differenze statisticamente significative tra i sotto-gruppi di gravità della kinesifobia, per quanto riguarda l’età, il sesso e il BMI.

I partecipanti allo studio rientravano principalmente nei sotto-gruppi caratterizzati da kinesifobia moderata o elevata, e questo, unitamente al fatto che la maggior parte dei partecipanti aveva cercato aiuto da almeno due operatori e aveva provato almeno tre trattamenti diversi, potrebbe rappresentare un bias, in quanto il campione potrebbe essere rappresentativo di una popolazione con sintomi particolarmente  gravi.

L’andamento della catastrofizzazione (valutata tramite PCS-4) era gradualmente crescente con l’aumentare della kinesifobia. Inoltre livelli elevati di catastrofizzazione erano associati ad una maggiore intensità del dolore atteso ai test di carico (Single Leg Heel Rise e Single Leg Hop), ma non nel dolore realmente evocato ai test stessi (sebbene solo una minoranza degli appartenenti ai gruppi a moderata e alta kinesifobia avevano effettivamente eseguito i test).

Invece i livelli di dolore a riposo progredivano gradualmente dal gruppo di kinesifobia minima a quello di kinesifobia massima (in quest’ultimo erano 12 volte più alti che nel primo) e un andamento simile era tipico della rigidità mattutina (che presentava una durata 4 volte maggiore nel gruppo di kinesifobia elevata rispetto a quello di kinesifobia minima).

Nonostante il gruppo caratterizzato da kinesifobia elevata avesse punteggi alla FS maggiori degli altri, nessun gruppo superava il cut-off di 13, quindi gli autori sostengono che nessun sotto-gruppo fosse interessato da fenomeni di dolore nociplastico.

Dall’analisi dell’Area Under the Curve (AUC) è emerso che il punteggio alla TSK-11 aveva una probabilità del 77,6% di individuare i partecipanti che non se la sentivano di eseguire tre SLHR e del 73,0% per i tre SLH. Mano a mano che il grado di kinesifobia aumentava, si aveva minore sensibilità e maggiore specificità nel determinare se il partecipante avrebbe compiuto i test di carico o meno.

Tra coloro che avevano espresso la mancata volontà di compiere i test di carico (statisticamente più numerosi nel gruppo caratterizzato da elevata kinesifobia), le motivazioni principali sono state la paura di infortunarsi (57,3% per SLHR e 49,8% per SLH) e il fatto che l’attività sarebbe troppo dolorosa (27,1% per SLHR e 38,3% per SLH).

La MCID per il dolore scelta da più partecipanti era quella di 10 punti alla VAS: è stata scelta dal 39,4% dei partecipanti, contro il 16,1% che ha scelto i 20 punti, il 23,8% dei 30 punti e il 20,4% che aveva scelto come MCID più di 30 punti alla VAS. Gli individui che avevano scelto come MCID un punteggio maggiore di 30 tendevano ad avere livelli di catastrofizzazione più elevati di coloro che avevano scelto un punteggio di 10, ma un dolore atteso al SLHR minore di coloro che avevano scelto 30 come MCID.

Per quanto riguarda la rigidità, la MCID scelta da più partecipanti era quella di 5 minuti (34,6%), seguita da 20 minuti (27,1%), oltre 20 minuti (21,7%) e 10 minuti (15,8%). Tra questi sottogruppi, l’unica differenza statisticamente significativa era la durata della rigidità, maggiore in coloro che avevano espresso una MCID di 10 minuti, rispetto a quelli che avevano scelto 5 minuti. Coloro che avevano espresso come MCID una diminuzione di più di 20 minuti avevano una catastrofizzazione maggiore di coloro appartenenti al sotto-gruppo di 5 minuti.

Riguardo gli obiettivi dello studio, i sottogruppi del campione con kinesifobia elevata mostravano maggior catastrofizzazione, maggior dolore a riposo, maggior dolore atteso alle attività di carico del tendine e minor velleità di effettuare le attività stesse rispetto ai sottogruppi con minore kinesifobia, ma non emergevano differenze riguardanti il dolore effettivamente evocato durante le attività di carico e la presenza di dolore nociplastico. Inoltre è stata supportata la convergent validity della suddivisione in classi di gravità della TSK-11, tramite il confronto con altri strumenti di misura di kinesifobia e catastrofizzazione.

Per quanto riguarda le MCID, almeno un terzo del campione ha indicato la scelta più piccola (10 punti alla VAS 0-100 e 5 minuti),  mentre metà del campione ha scelto MCID che implicavano una riduzione del 30% dei sintomi (10 o 20 punti alla VAS-100, 5 o 10 minuti per la rigidità), segno che molti pazienti con tendinopatia achillea non ricercano una risoluzione totale dei sintomi, bensì una riduzione a valori accettabili. Infine la scelta della MCID non era correlata a variabili psicologiche, al contrario è interessante notare come variabili di tipo psicologico fossero associate alla durata della rigidità mattutina.

Dal punto di vista clinico, sarà importante tenere presente il fatto che livelli maggiori di kinesifobia determinavano una minor volontà di eseguire le attività di carico tendineo (solo il 24% del gruppo con elevata kinesifobia ha espresso l’intenzione di compiere gli heel rise, contro il 93% di quello a kinesifobia minima) e un maggior grado di dolore atteso, ma non un maggior dolore all’esecuzione dell’attività stessa. Di conseguenza sarà opportuno tenere presente queste variabili nel momento in cui si propone una terapia al paziente, al fine di ottimizzarne la compliance. Inoltre un approccio basato su esperimenti comportamentali e sulla violazione dell’aspettativa potrebbe essere indicato in questo tipo di soggetti.

Chimenti RL, Post AA, Silbernagel KG, Hadlandsmyth K, Sluka KA, Moseley GL, Rio E. Kinesiophobia Severity Categories and Clinically Meaningful Symptom Change in Persons With Achilles Tendinopathy in a Cross-Sectional Study: Implications for Assessment and Willingness to Exercise. Front Pain Res (Lausanne). 2021 Sep 1;2:739051.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35295417/

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