Disfunzione muscoloscheletrica in pazienti emicranici
La cervicalgia è molto diffusa tra i pazienti con emicrania: un recente studio ne ha stimato una prevalenza del 70%, prima, durante o dopo gli attacchi. Classicamente, il dolore al collo è considerato semplicemente un sintomo dell’attacco emicranico, infatti ad oggi la discussione attorno alla fisiopatologia dell’emicrania è centrata su fenomeni neurologici piuttosto che vascolari.
In realtà, però, esistono elementi in letteratura, come ad esempio i rapporti tra i primi neuromeri e i nuclei trigeminali, che potrebbero suggerire un ruolo più importante del rachide cervicale. In particolare, disfunzioni muscoloscheletriche potrebbero entrare in gioco nella fisiopatologia di questo tipo di mal di testa: potrebbero svolgere il ruolo di ‘trigger’ degli attacchi o potrebbero contribuire alla cronicizzazione dell’emicrania.
Quale che sia il ruolo del rachide cervicale in questo tipo di cefalea, innanzitutto deve essere chiarito se le disfunzioni muscoloscheletriche a questo livello siano maggiori nei soggetti emicranici rispetto alla popolazione sana. L’obiettivo di questo studio è stato stimare la prevalenza e i tipi di disfunzioni cervicali nei soggetti emicranici, confrontandoli con soggetti sani, utilizzando una batteria di 11 test precedentemente identificati attraverso uno studio di ‘consensus’ internazionale.
Un esaminatore, in cieco rispetto alla diagnosi o meno di emicrania (effettuata preventivamente da un neurologo secondo i criteri dell’International Classification of Headache disorders III-beta), ha somministrato 11 test clinici a soggetti con emicrania (che per l’occasione dovevano essere liberi da attacchi) e ai soggetti sani di controllo. Questi test clinici individuati come utili per identificare disfunzioni muscoloscheletriche in pazienti con cefalea, consistevano in:
-misurazione dell’anteposizione della testa;
-misurazione della mobilità attiva del rachide cervicale;
-ricerca di ipomobilità o dolore durante movimenti combinati del rachide cervicale alto;
-ricerca di ipo/ipermobilità nei movimenti fisiologici passivi del rachide cervicale alto;
-‘Flexion-Rotation Test’ (FRT), con l’obiettivo di misurare la mobilità cervicale alta in rotazione libera dal dolore;
-ricerca di ipomobilità e/o dolore nei movimenti accessori (‘PA’ centrali e unilaterali-PAIVMs) da C0 a C3;
-conteggio del numero di ‘Trigger Points’ (TPs) attivi o latenti a livello dei muscoli del collo;
-test isometrico di forza per il trapezio superiore;
-’screening’ del tratto dorsale, comprendente ‘PA’ centrali ed uni-laterali, rotazione ed estensione attive;
-test di “provocation-resolution”, ovvero ‘PA’ unilaterali da C0 a C3 che dovevano evocare il sintomo familiare del soggetto (in questo caso la cefalea o parte di essa) e successivamente diminuzione o scomparsa in risposta al mantenimento di tali movimenti accessori per un lasso di tempo;
-misurazione del livello di pressione che il soggetto riusciva a mantenere per dieci secondi (senza compensi) al test di flessione cranio-cervicale con bio-feedback (CCFT).
In totale sono stati esaminati centotrentotto soggetti emicranici e settantatré soggetti sani. Dall’analisi dei dati sono emerse differenze statisticamente significative tra i valori assunti da sei variabili, delle undici esplorate, nei due gruppi: come atteso, quindi, i soggetti emicranici presentavano maggiori disfunzioni muscoloscheletriche rispetto ai soggetti sani.
Le sei variabili dimostratesi significativamente differenti erano: PAIVMs, test di ‘provocation-resolution’, FRT, ‘screening’ del tratto dorsale, TPs e CCFT. Attraverso l’analisi post hoc non si sono invece identificate differenze significative tra i sottogruppi dei soggetti emicranici (sottogruppo emicrania cronica e sottogruppo emicrania episodica). Infine, la regressione logistica ha dimostrato l’esistenza di un gruppo di cinque variabili (le sei sopra citate eccetto lo ‘screening’ del tratto dorsale), che caratterizzano, in modo indipendente rispetto alle altre e rispetto alle caratteristiche clinico-demografiche, i soggetti emicranici. È però necessario precisare che in un caso, in particolare per quanto riguarda i PAIVMs, è stata riconosciuta un’influenza della frequenza degli attacchi sulla variabile muscoloscheletrica.
I risultati di questo studio dimostrano che nei soggetti emicranici sono presenti un maggior numero di disfunzioni muscoloscheletriche rispetto a quelle presenti nei soggetti sani.
Tali risultati sono in parziale contrasto con alcuni dati presenti in letteratura, anche se questi erano però sostenuti da studi affetti da alcune possibili fonti di errore: problemi nella cecità dell’esaminatore, numerosità campionaria troppo ristretta, pochi test utilizzati e, soprattuto, criteri diagnostici diversi dall’ICHD-3rd.
Da questi risultati quindi sembra improbabile che la cervicalgia sia solo un sintomo dell’attacco emicranico. Non è però ancora chiaro se le disfunzioni muscoloscheletriche riscontrate costituiscano un effetto degli attacchi ripetuti, o piuttosto possano costituire dei ‘trigger’ per gli attacchi o ancora siano il frutto di un sistema trigemino-cervicale sensibilizzato. Per chiarire questi elementi sono necessari ulteriori studi.
La fattibilità dell’intera batteria di undici test è buona: il tempo medio utilizzato è di trenta minuti. Tale caratteristica, essenziale per l’utilizzo di queste pratiche nella clinica quotidiana, è ulteriormente migliorabile se ci si limitasse ai sei test per i quali è stata riscontrata una differenza significativa tra gruppi.
I limiti di questo lavoro sono diversi, ma, in particolare, una possibile spiegazione sulla non differenza, per quanto riguarda le variabili esplorate, tra i sottogruppi di soggetti con emicrania episodica e cronica potrebbe essere che i soggetti con emicrania episodica fossero comunque afferenti ad una clinica specialistica ed avessero una frequenza elevata di attacchi al mese (anche se non superavano il limite per la diagnosi di emicrania cronica) e pertanto biologicamente potrebbero non essere stati diversi dai soggetti cronici.
Luedtke K, Starke W, May A. Musculoskeletal dysfunction in migraine patients. Cephalalgia. 2018 Apr;38(5):865-875.
Fisioterapista, OMPT
Fisioterapista presso FISIOCARE Firenze.
Collaboratore presso Università degli Studi di Firenze – Corso di Laurea in Fisioterapia.
Co-docente e tutor a contratto presso Università degli Studi di Padova e Bologna – Master I livello in Fisioterapia Muscoloscheletrica, Terapia Manuale ed Esercizio Terapeutico.
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