Contributo dell’anca, del ginocchio e della caviglia durante i test di salto verticali e orizzontali

I test di salto sono comunemente utilizzati per valutare le performance funzionali dopo un infortunio. Valutare task funzionali con appoggio bipodalico potrebbe mascherare eventuali deficit del lato infortunato, per questo i test di salto monopodalici sono frequentemente utilizzati per la semplicità di esecuzione e la possibilità di confrontare le prestazioni con l’arto controlaterale. Le attività di salto e atterraggio con una gamba sola sono più vicine alle attività multidirezionali dello sport a causa delle maggiori forze generate, in particolare le richieste eccentriche della muscolatura dell’anca durante la fase di decelerazione. Nonostante questo, non è possibile valutare, per ogni tipo di salto, il contributo dell’anca, del ginocchio e della caviglia durante la fase propulsiva e quella di atterraggio. Lo scopo dello studio è stato identificare, confrontare e interpretare le differenze degli arti inferiori sui due tipi di salto durante la fase propulsiva e di atterraggio, con lo scopo di aiutare l’interpretazione dei salti rispetto alle specifiche caratteristiche funzionali.

Sono stati valutati i contributi di ogni articolazione per il salto in avanti e in alto in 20 soggetti maschi sportivi: i risultati mostrano che il salto in verticale e quello in orizzontale non misurano lo stesso tipo di funzionalità dell’arto inferiore, evidenziando differenze significative nella potenza, nel contributo di lavoro e nelle sequenze temporali di attivazione di ciascuna articolazione, sia durante la fase di propulsione che di atterraggio. In entrambi i salti l’anca, il ginocchio e la caviglia lavoravano in sequenza per eseguire i movimenti in maniera esplosiva. Il picco di potenza è stato osservato prima nell’anca, poi distalmente al ginocchio e, infine, alla caviglia durante la fase propulsiva. Durante l’atterraggio dal salto verticale, la caviglia era la prima articolazione ad essere coinvolta nella fase di atterraggio e solo successivamente l’anca e il ginocchio si attivavano all’incirca allo stesso tempo. Nell’atterraggio dal salto orizzontale, l’anca e la caviglia iniziavano l’assorbimento ma solo per un breve periodo, mentre la maggior parte del lavoro era svolto dall’articolazione del ginocchio fino alla fine della fase dell’atterraggio.

Il salto in orizzontale attiva prevalentemente l’anca e la caviglia, mentre il salto in verticale ha un contributo maggiore dal ginocchio e potrebbe riflettere meglio la funzionalità del ginocchio rispetto al salto orizzontale.

Le prestazioni nei test di salto monopodalici rappresentano la funzionalità di tutto l’arto inferiore e non sono indicative nello specifico di una particolare articolazione. Il salto verticale potrebbe essere più sensibile nel valutare eventuali asimmetrie del ginocchio rispetto al salto orizzontale. Il maggior contributo dell’articolazione del ginocchio nel salto verticale giustificherebbe il ritardo degli atleti a raggiungere una simmetria del 90% tra l’arto precedentemente infortunato e l’arto sano dopo ricostruzione del legamento crociato anteriore. Entrambi i salti sono potenziali strumenti di screening utili per misurare la capacità di generare o assorbire potenza attraverso l’arto inferiore. Questo può essere clinicamente utile per fornire indicazioni specifiche per guidare la progettazione di attività riabilitative mirate.

Kotsifaki A, Korakakis V, Graham-Smith P, Sideris V, Whiteley R. Vertical and Horizontal Hop Performance: Contributions of the Hip, Knee, and Ankle. Sports Health. 2021 Mar;13(2):128-135.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33560920/

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