Comprendere e gestire il pelvic girdle pain da una prospettiva biopsicosociale e centrata sulla persona

Gli autori di questo studio costituiscono un team di clinici e ricercatori che hanno riunito le proprie esperienze e ricerche cliniche per fornire un quadro di riferimento per la gestione del pelvic girdle pain (PGP), con un focus centrato sulla persona, nonché sulle comorbidità associate, basandosi sul proprio lavoro e sulla gestione dei disturbi muscoloscheletrici in generale. Questo quadro di riferimento potrebbe guidare la comprensione e la gestione del PGP da un punto di vista biopsicosociale, rilevante per i clinici che gestiscono questi disturbi nel più ampio contesto del dolore muscoloscheletrico.

Mentre i disturbi da PGP sono spesso considerati come potenzialmente distinti dai disturbi dovuti a lombalgia (LBP), la comorbilità è comune e queste regioni sono funzionalmente integrate, inoltre il PGP presenta anche comorbidità con altri problemi pelvici non muscoloscheletrici e quindi questo aggiornamento è rilevante anche per chi si occupa di salute pelvica maschile e femminile, dove il PGP potrebbe essere riconosciuto nel più ampio contesto del dolore pelvico. I disturbi da PGP sono prevalenti nelle donne, sia in gravidanza che non, ma possono essere presente anche negli uomini, costituiscono un motivo comune di ricerca di cure e rappresentano un onere significativo per gli individui e la società.

In maniera simile al mal di schiena, c’è un crescente riconoscimento dei disturbi da PGP dalla prospettiva biopsicosociale che considera l’intera persona, con una visione equilibrata dei potenziali fattori biologici, psicologici e sociali, nell’ottica di riconoscere e comprendere la complessità degli individui con dolore alla colonna vertebrale, oltre alla necessità di riconoscere la natura fluttuante e plastica del sistema nervoso quando si tratta di dolore. Tuttavia, “sapere” è una cosa, mentre “fare” è un’altra, e i clinici possono avere difficoltà a tradurre tutto ciò in un’efficace implementazione clinica della gestione biopsicosociale del PGP, per cui questo articolo vuole assisterli nella progressione verso un efficace approccio ai disturbi muscoloscheletrici centrato sulla persona.

Concettualizzare il PGP nel quadro contemporaneo della scienza del dolore

Prospettiva del paziente
La comprensione del PGP da parte del clinico ha un effetto significativo sulle credenze del paziente riguardo a questi disturbi e allo stesso tempo la comprensione della prospettiva del paziente è una componente centrale della costruzione dell’alleanza terapeutica. Il modello di malattia basato sul buon senso fornisce un quadro di riferimento per comprendere come le percezioni della malattia da parte di un individuo influenzino la sua risposta emotiva e comportamentale al suo disturbo. Questo modello è stato applicato per comprendere la paura legata al dolore nella lombalgia ed è ugualmente adatto a considerare l’emergere e il mantenimento di convinzioni, risposte emotive e comportamenti non utili per le persone con PGP, oltre a fornire un modello per facilitare un’educazione positiva centrata sulla persona e un cambiamento comportamentale.

Una dominante visione biomeccanica e strutturale pervade ancora molti paradigmi di gestione del PGP, compreso il dolore dell’articolazione sacroiliaca, ma questi approcci mancano di validità e possono anche influenzare negativamente la fiducia dei clinici nelle loro capacità a causa di un’incapacità autopercepita di “sentire il movimento intra-pelvico”, osservare “spostamenti” e/o diagnosticare disturbi complessi da PGP. Inoltre, quando queste convinzioni vengono trasferite al paziente, possono portare a percezioni negative della malattia, paura e risposte comportamentali inutili, come evitare movimenti e attività e uso di coping passivo.

Aspetti neurobiologici del PGP
La comprensione della neurobiologia del dolore da una prospettiva biopsicosociale è fondamentale per la gestione dei disturbi da PGP. L’innervazione nocicettiva fornisce un substrato per la sensibilità dei tessuti, tuttavia nocicefazione e dolore non sono sinonimi: i nocicettori possono essere attivati in assenza di dolore e il dolore può essere provato in assenza di attivazione dei nocicettori. Questa distinzione aiuta a spiegare la variabilità individuale nelle presentazioni cliniche del PGP (e di qualsiasi disturbo del dolore), con molti fattori che interagiscono e influenzano l’esperienza del dolore, indipendentemente dall’attivazione o dalla sensibilizzazione potenzialmente simile dell’apparato nocicettivo.

Queste implicazioni sostengono la necessità di considerare le potenziali fonti di sensibilizzazione nocicettiva: i clinici devono comprendere i potenziali effetti modulatori ascendenti e discendenti sulla nocicezione (facilitazione e (dis)inibizione) associati a fattori biopsicosociali, considerare le co/multi-morbidità, così come i cambiamenti motori e comportamentali che possono verificarsi in risposta al dolore. Anche in questo caso, l’interpretazione di questi fattori da parte del clinico e della persona con PGP può influenzare drammaticamente la percezione della malattia della persona.

L’integrazione di questi concetti neurobiologici inquadra il PGP attraverso la lente della moderna scienza del dolore e considera una maggiore sensibilità tissutale insieme ai potenziali contributi a tale sensibilizzazione (fattori locali, regionali e centrali), in modo da permettree ai clinici di “dare un senso” all’interazione di tutti i fattori. All’interno di questo contesto più ampio, la sensibilizzazione al dolore sta emergendo come un’alternativa plausibile a concetti scarsamente validati come i “positional fault” e le disfunzioni di movimento dell’articolazione del cingolo pelvico (ipermobilità/ipomobilità).

Ad esempio, sperimentalmente è stato dimostrato l’abbassamento della soglia del dolore meccanico nelle strutture legamentose superficiali dell’articolazione sacroiliaca, associato a un aumento della positività ai test di provocazione del dolore dell’articolazione sacroiliaca e una maggiore difficoltà con l’active straight leg raise test. La sensibilizzazione al dolore indotta sperimentalmente ha portato a queste risposte nei test fisici, non a ciò che storicamente è stato interpretato come cambiamenti nella biomeccanica e nella funzionalità delle articolazioni. Inoltre una maggiore sensibilizzazione dei tessuti di questa natura è stata documentata anche in gravidanza e ha una certa associazione con il PGP.

Quadro di valutazione e gestione: far funzionare la traduzione delle conoscenze

Il Musculoskeletal Clinical Translation Framework (MCTF) è stato progettato per aiutare i clinici a integrare i principi generali delle terapie biopsicosociali nella pratica clinica, incluso il PGP. Questo quadro si basa su modelli contemporanei di cura e raccomandazioni per le condizioni muscoloscheletriche, si basa sulle definizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di assistenza centrata sulla persona e si allinea alle linee guida dell’International Association for the Study of Pain pain pain. L’MCTF sostiene anche i principi fondamentali dell’assistenza di alta qualità e le specificità dell’erogazione di cure sono ulteriormente migliorate nella descrizione della Terapia Cognitivo-Funzionale (CFT), un approccio flessibile, integrato e comportamentale per il sotto-stare (il sapere), la valutazione e la gestione (il fare) dei disturbi da dolore muscoloscheletrico.

Comunicazione e alleanza terapeutica
Fin dall’inizio la comunicazione dovrebbe essere ottimizzata per esplorare la l’esperienza del dolore della persona attraverso una lente biopsicosociale, per sostenere il recupero e per facilitare il cambiamento positivo del comportamento. I principi del colloquio motivazionale sono utili, tra cui le domande aperte se appropriate, l’ascolto riflessivo e il discorso che stimola il cambiamento. Nel caso in cui ci siano convinzioni non utili relative a cause biomeccaniche/strutturali infondate del disturbo, queste possono essere molto radicate, anche dal punto di vista del clinico e del paziente, e il confronto può provocare un “effetto ritorno di fiamma” (ritirarsi ulteriormente in false credenze quando ci si trova di fronte a verità) e/o smantellare l’alleanza terapeutica. Invece il professionista sanitario dovrebbe lavorare con il paziente per indurre una riconcettualizzazione personale del suo disturbo, potenzialmente mediata della percezione della malattia e dell’esperienza comportamentale del modello di buon senso, un processo che avviene sia durante la valutazione che la gestione. Una comunicazione efficace migliora la capacità del paziente di sperimentare e riflettere sul suo problema durante la valutazione, durante la gestione e retrospettivamente.

Profilazione del rischio
Per il PGP non sono stati sviluppati strumenti specifici di profilazione del rischio, ma possono essere utilizzati gli strumenti esistenti per il mal di schiena e per il dolore muscoloscheletrico in generale. Questi strumenti integrano il processo di ragionamento clinico, ma non lo sostituiscono, fornendo l’opportunità di esplorare le credenze sul dolore del paziente, le sue risposte emotive e i suoi comportamenti. Interessantenotare come, nonostante il consenso sull’importanza dello screening, questo venga eseguito in modo incoerente, ma può essere facilmente integrato nella pratica clinica.

Intervista
Come per il mal di schiena, il PGP può coinvolgere elementi provenienti da più domini basati su studi associativi e prognostici che indagano la natura multidimensionale di questi disturbi. I fattori importanti per una persona con PGP all’interno di questi domini sono individuali e dipendono dal tempo, quindi l’obiettivo è quello di costruire una comprensione dei fattori individuali al momento della consultazione. Ripetere i messaggi chiave durante il colloquio e fornire un breve riassunto alla fine, sono strategie potenti per garantire che il paziente si senta “ascoltato”, compreso, contribuisca al processo decisionale e abbia dei consigli da portare a casa che aiutino a sostenere la sua guarigione.

Esplorare la presenza di comorbidità costituisce un’importante aspetto dell’intervista, ad esempio i disturbi della continenza possono coesistere in ben il 50% delle donne con PGP. Un collegamento meccanico plausibile tra questi disturbi è legato ai cambiamenti sensomotori del pavimento pelvico e all’eccessiva generazione di pressione intra-addominale associata al PGP: questa alterazione della funzione muscolare può anche essere correlata a disfunzioni sessuali sia nelle femmine che nei maschi. Diversi disturbi da dolore, compresi sia quelli locali che periferici a carico del bacino, possono anche essere presenti assieme al PGP, come emicrania, fibromialgia, disturbi allo stomaco, dolori mestruali e condizioni di dolore pelvico, con sensibilità al dolore multisito e ad ampia diffusione e disregolazione nocicettiva centrale che fornisce un collegamento potenzialmente meccanico al PGP.

Esame fisico
Il profilo sensoriale può aiutare a determinare il livello di sensibilizzazione (tessuto locale rispetto a dolore più diffuso) e se la presentazione complessiva è più provocata meccanicamente o non meccanicamente, mentre i test di provocazione specifici dell’articolazione sacroiliaca possono indicare la sensibilizzazione di strutture pelviche più profonde. É necessaria un’attenta osservazione delle posture e dei movimenti indicati dal paziente come causa di dolore e/o ritenuti minacciosi e durante questo processo vengono osservati i comportamenti di risposta al dolore, i comportamenti protettivi (stato di allerta/trattenere il respiro) e comunicativi (uso delle mani/verbalizzazioni/espressioni facciali), le reazioni autonomiche e altri segni di sofferenza. Si può valutare se i comportamenti osservati possono essere alterati in modo positivo.

Un elemento chiave di questo processo è l’uso di domande riflessive per affrontare aspetti cognitivi e comportamentali della valutazione, per iniziare il processo di riformulazione da parte della persona della concettualizzazione del disturbo. Durante tutto questo processo si fa attenzione a minimizzare l’escalation dei sintomi e il disagio emotivo, altrimenti se c’è un’escalation il clinico dovrebbe rispondere di conseguenza con riconoscimento, empatia e ulteriori interrogativi riflessivi per garantire la sicurezza della gestione come priorità.

Ragionamento clinico
Sulla base dei risultati del profilo di rischio, del colloquio e dell’esame si crea un percorso di cura basato sulla collaborazione tra il paziente e il clinico. Un processo decisionale condiviso è fondamentale per stabilire un piano di trattamento significativo e realizzabile.

Gestione della terapia cognitivo-funzionale
Una gestione medica specifica può essere richiesta in presenza di bandiere rosse o patologie specifiche. Per le persone con un basso profilo di rischio, semplici spiegazioni e rassicurazioni con il consiglio di tornare alle proprie attività abituali e un intervento minimo possono costituire la base di un’assistenza di alta qualità. Per le presentazioni a medio e alto rischio, si raccomanda un approccio centrato sulla persona focalizzato sui fattori multidimensionali rilevanti.

L’approccio CFT si focalizza sull’assistenza e responsabilizzazione dell’individuo con PGP per autogestire il proprio dolore, costruire la resilienza e aumentare l’autoefficacia. I processi chiave in questo sono:

1. “Dare un senso al dolore”: questo processo aiuta il paziente a costruire una comprensione biopsicosociale del proprio dolore centrata sulla persona, a sfatare inutili miti sul dolore e a identificare obiettivi chiari verso l’autogestione.

2. “Esposizione con controllo”: un processo di apprendimento comportamentale in cui il paziente viene gradualmente esposto al dolore, con attività controllate e sicure. Durante questo processo, meccanismi di protezione muscolare ed evitamento di movimenti vengono attivamente scoraggiati, incorporando tecniche di respirazione diaframmatica e di rilassamento del corpo. In questo processo si può anche incorporare il condizionamento dei muscoli man mano che si verifica il ripristino funzionale. Questo apprendimento è generalizzato e gradualmente integrato nelle attività quotidiane.

3. “Cambiamento dello stile di vita”: un processo in cui il paziente è in grado di svolgere un’attività fisica regolare di sua preferenza, di sviluppare sonno e abitudini alimentari sani dove indicato.

In alcuni casi, è necessaria un’assistenza multidisciplinare, ad esempio per i pazienti con incontinenza o disfunzioni sessuali che possono avere bisogno di competenze specifiche oppure per coloro che si trovano in condizioni di disagio o di difficoltà nell’affrontare il problema (presentazioni ad alto rischio), può essere utile un’assistenza psicologica. 

In conclusione, secondo gli autori è necessario modernizzare la nostra comprensione del PGP, per incoraggiare una più ampia concettualizzazione di ciò che costituisce un’assistenza di alta qualità (e, al contrario, ciò che rappresenta un’assistenza di scarso valore) per le persone con questa condizione di dolore e questo articolo fornisce un quadro di riferimento allineato con questo scopo. È necessario un ulteriore lavoro per costruire la capacità del personale sanitario e sostenere i clinici e i loro pazienti nella traduzione del “sapere” nel “fare” nel mondo reale. Dato che le evidenze in quest’area e, più in generale, nel dolore muscoloscheletrico, continuano ad emergere, anche i nostri approcci di comprensione e di gestione continueranno ad evolvere, con un’attenzione particolare al miglioramento dei risultati di salute.

Beales D, Slater H, Palsson T, O’Sullivan P. Understanding and managing pelvic girdle pain from a person-centred biopsychosocial perspective. Musculoskelet Sci Pract. 2020 Aug;48:102152.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32560860/

Hai domande, suggerimenti o riferimenti a studi scientifici interessanti? Condividili con un commento!