Best practice per la gestione del dolore femororotuleo

Le persone con dolore femororotuleo (PFP) riferiscono un dolore con insorgenza graduale retrorotuleo e/o perirotuleo, provocato o aggravato durante attività come inginocchiarsi, fare le scale e correre. È un disturbo frequente negli adolescenti e negli adulti, caratterizzato da una prognosi spesso sfavorevole, con sintomi persistenti o ricorrenti nel lungo termine. Le persone con PFP presentano molto frequentemente alterazioni del profilo psicologico, sono in genere poco attivi e con una scarsa qualità della vita. Il PFP è considerato un precursore dell’artrosi femororotulea, evidenziando la necessità di individuare strategie di trattamento ottimali.
Precedenti best practice, che hanno sintetizzato una revisione sistematica di revisioni e incluso le opinioni di clinici esperti (https://www.fisiobrain.com/il-trattamento-conservativo-del-dolore-femororotuleo/), hanno i limiti di aver coinvolto solamente fisioterapisti, nonostante le persone con PFP si rivolgano a numerosi professionisti sanitari, di non aver incluso il punto di vista, le esperienze e le aspettative dei pazienti e di non specificare adeguatamente le indicazioni per impostare un corretto ragionamento clinico.

L’obiettivo di questo studio è stato produrre delle best practice aggiornate per il PFP considerando le revisioni sistematiche con meta-analisi, l’analisi qualitativa delle voci dei pazienti e il ragionamento clinico degli esperti.

La gestione del PFP dovrebbe comprendere una valutazione clinica che enfatizza la comprensione del paziente e la sua storia, individuare gli aspetti soggettivi fondamentali della loro esperienza con il disturbo, valutare oggettivamente le caratteristiche per selezionare le strategie di trattamento più appropriate, proporre esercizi per il ginocchio ed educazione e decidere se sono necessarie ulteriori strategie di supporto. Comprendere il background di una persona significa determinare se appartiene ad una popolazione rilevante e le conseguenti richieste funzionali/di carico sull’articolazione femororotulea (es. atleta professionista, amatore o persona sedentaria, categoria professionale), conoscere le caratteristiche dei sintomi e il loro impatto sulle attività (es. difficoltà sul lavoro, limitazioni sportive o nelle attività ricreative), indagare eventuali trattamenti precedenti e inquadrare lo stato di salute del ginocchio (es. PFP o artrosi femororotulea precoce).
È importante comprendere ciò che il paziente crede che sia la causa del problema (eziologia, es. insorgenza dei sintomi dopo un aumento del volume di esercizio) e la gravità, la durata e il comportamento dei sintomi per approfondire il meccanismo predominante alla base del dolore (il dolore può essere primariamente nocicettivo, ma può anche essere mediato centralmente o nociplastico se la severità è elevata e/o se persistente).

Il clinico deve valutare soggettivamente il motivo per il quale la persona si è rivolta ad un professionista sanitario e i fattori che maggiormente influenzano la presenza (es. fattori aggravanti) e la persistenza dei sintomi (es. assenza di cambiamenti delle abitudini dopo l’insorgenza). Gli obiettivi del trattamento potranno differire notevolmente in base alle singole presentazioni cliniche.
Il clinico dovrà stabilire le priorità e gli obiettivi del paziente (es. salire le scale o correre 5 km) e il trattamento dovrà comprendere le strategie necessarie per raggiungere questi obiettivi, come ad esempio la riduzione del dolore e/o della paura del movimento, la gestione delle aspettative o il miglioramento della resilienza dell’articolazione femororotulea e del ginocchio (aumento della capacità di carico tissutale o neurologica).

La valutazione oggettiva delle limitazioni influenza la scelta delle strategie di trattamento e comprende fattori come la valutazione della forza muscolare (di anca e ginocchio, ad esempio con dinamometro) e degli schemi di movimento dell’arto inferiore (es. valutazione del single leg squat o corsa su treadmill), la tolleranza dei tessuti al carico (es. test di provocazione), le caratteristiche dell’articolazione femororotulea (es. rotula alta, ipermobilità) e i fattori contestuali associati ai sintomi (es. evitamento dei compiti funzionali provocativi).

Il clinico deve proporre esercizi per il ginocchio e decidere se è necessario associare anche esercizi per l’anca. Gli esercizi dovranno essere adattati alla gravità e all’irritabilità dei sintomi, con enfasi maggiore agli esercizi per l’anca se il ginocchio ha poca tolleranza al carico in flessione, modificando carico, intensità e frequenza in base alle necessità.
L’educazione dovrebbe essere alla base del trattamento, adattata alle specifiche necessità del paziente. L’educazione dovrebbe modificare le credenze errate, migliorare la confidenza e la comprensione della diagnosi, approfondire il concetto che il dolore non è associato a un danno tissutale (in particolare quando i sintomi sono presenti da molto tempo), sviluppare la comprensione del percorso di recupero e dei tempi previsti, aiutare a gestire il carico, promuovere l’autonomia nel trattamento e ridurre la paura del movimento.

I plantari prefabbricati dovrebbero essere utilizzati per i pazienti che rispondono positivamente ai test di direzione del trattamento (es. riduzione dei sintomi durante l’esecuzione di un compito funzionale provocativo con i plantari) e dovrebbero essere personalizzati per ottimizzare il comfort, modificando geometrie e densità. I clinici dovrebbero migliorare le loro competenze sull’utilizzo dei plantari o instaurare delle collaborazioni con professionisti sanitari competenti nella loro prescrizione.

Il running retraining può essere considerato nei pazienti con sintomi che si modificano con le strategie di trattamento biomeccaniche (es. un runner con una cadenza bassa che riferisce una riduzione dei sintomi con una strategia per aumentare la cadenza).

Il taping e la terapia manuale dovrebbero essere considerati nei pazienti dove la riabilitazione è limitata da sintomi molto gravi e elevata irritabilità tissutale.

Se risultati favorevoli non sono osservati dopo un periodo realistico (minimo 6 settimane), il clinico dovrebbe esaminare nuovamente i dati raccolti durante la valutazione, assicurandosi che le scelte di trattamento siano conseguenti e adattate al ragionamento clinico e/o al coinvolgimento del paziente.

Neal BS, et al. Best practice guide for patellofemoral pain based on synthesis of a systematic review, the patient voice and expert clinical reasoning. Br J Sports Med. 2024 Oct 14:bjsports-2024-108110.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39401870/

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