Grado di pronazione e outcome nel dolore femororotuleo
Il dolore femororotuleo è una diagnosi clinica di dolore anteriore di ginocchio durante le attività in carico. La prevalenza di questo disturbo è compresa tra il 23% e il 29% nella popolazione generale e negli adolescenti. Il PFP è associato con un rischio molto elevato di dolore persistente. Infatti, un paziente su due riferisce sintomi persistenti o ricorrenti nel lungo termine, anche a distanza di 5–8 years dall’insorgenza. Il PFP può rappresentare una delle prime manifestazioni di artrosi femororotulea.
L’eziologia rimane sconosciuta, ma è considerata multifattoriale con un’associazione di fattori contribuenti biomeccanici, neuromuscolari e psicosociali.
Revisioni sistematiche e il consenso internazionale degli esperti raccomandano gli esercizi per i muscoli posterolaterali di anca e i plantari per la gestione del PFP. Alcuni studi hanno mostrato che una maggiore pronazione del piede (definita come un cambiamento ≥ 11 mm nell’altezza del mesopiede nel passaggio da una posizione non in carico a una posizione in carico – Sit-to-Stand Navicular Drop Test) è associata con un outcome migliore con l’utilizzo dei plantari.
Gli obiettivi di questo studio sono stati (i) valutare se una pronazione maggiore del piede è associata con un outcome migliore dopo un trattamento con i plantari rispetto agli esercizi per l’anca e (ii) confrontare l’efficacia dei plantari rispetto agli esercizi per l’anca indipendentemente dalla pronazione in soggetti con PFP.
La pronazione del piede è stata definita al baseline come la differenza di altezza del mesopiede tra una posizione in carico e una posizione non in carico. Per la stratificazione è stato utilizzato il cut-off di 11 mm; un cambiamento di altezza del mesopiede ≥ 11 è stato definito come “alta mobilità” e < 11 mm come “bassa mobilità“.
I pazienti con “alta mobilità” sono stati randomizzati in due gruppi: 1) trattamento con plantari e 2) trattamento con esercizi per i muscoli posterolaterali di anca. I pazienti con “bassa mobilità” sono stati randomizzati in due gruppi: 1) trattamento con plantari e 2) trattamento con esercizi per i muscoli posterolaterali di anca.
I risultati dello studio hanno mostrato che una maggiore pronazione (misurata come mobilità dell’altezza del mesopiede) (cut-off ≥11 mm) non rappresenta un fattore predittivo per la prescrizione dei plantari. Infatti, una maggiore pronazione non è stata associata con un miglioramento maggiore con l’utilizzo dei plantari rispetto all’esecuzione di esercizi per l’anca. Non è emersa alcuna evidenza per affermare che gli esercizi per l’anca o i plantari sono più efficaci l’uno rispetto all’altro nel migliorare gli outcome nel PFP.
Implicazioni cliniche
Nella gestione dei soggetti con PFP, sono efficaci sia gli esercizi per i muscoli posterolaterali di anca sia i plantari. Una maggiore pronazione potrebbe non rappresentare un fattore determinante nella scelta del trattamento. Di conseguenza, la scelta del trattamento dovrebbe essere basata sulle preferenze del paziente, sulle risorse e sul tempo disponibile.
Matthews M, Rathleff MS, Claus A, et al. Does foot mobility affect the outcome in the management of patellofemoral pain with foot orthoses versus hip exercises? A randomised clinical trial. British Journal of Sports Medicine. Published Online First: 26 March 2020.
https://bjsm.bmj.com/content/early/2020/03/25/bjsports-2019-100935
Fisioterapista, MSc, OMPT
Passione Evidence-Based. Con la speranza di diventare un Fisioterapista migliore
https://samuelepassigli.wordpress.com/
https://orcid.org/0000-0003-2862-0116
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